Mese: gennaio 2016
Libertà o abitudine
Le case
Le case trasmettono molto più di quello che i loro proprietari possano dire. Trasmettono l’angoscia o la felicità di un nucleo familiare. Trasmettono la vita che rifiorisce da ogni angolo o rimandano ad un suo ricordo perduto per sempre.
Le case sono degli “organismi viventi” che “parlano”, parlano anche in nostra assenza. Parlano della nostra assenza.
Abitudine
I cento passi
Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima; e ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione, ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.
Peppino Impastato
ricordi
Lettere e lettere
Scrivimi
quando non sai cosa fare
scrivimi quando piove
scrivimi anche quando stai in riva al mare
dimmi con poche parole chiare
cosa ti apre dentro il vento
cosa disegna sulla tua faccia
scrivimi tutto quello che ti passa
e mandami un bacio
tra una parola scritta e l’altra scrivimi
scrivimi appena hai un attimo
scrivimi di te
che possa trovarti
dentro il nocciolo del mio tempo
in un guscio minuscolo
che nasci in te e in me
come fosse un unico albero.
Fernanda Ferraresso
Chirú
Vorrei poter dire che quella tra noi fu un’immediata affinità elettiva, ma sarebbe un menzogna: io Chirú lo riconobbi dall’odore di cose marcite che gli veniva da dentro, perché quell’odore era lo stesso mio.
Michela Murgia
“Il signor cravatta”
Distribuì le poche briciole avanzate davanti ai piccioni che si erano radunati intorno a noi agitando le ali. Battè i piedi. Si allontanarono svolazzando. Tornarono con il collo gonfio. Avevano dimenticato che li aveva appena cacciati. Poveri animali, mormorò. Dev’essere brutto. Senza memoria. Ma forse non così brutto come si pensa. Voglio dire. Se dimenticassimo tutto. Non perdoneremmo tutto? A noi stessi e agli altri? Non saremmo liberi da colpa e pentimento? Un crepitio elettrico, si strofinò con la manica una macchia invisibile sui pantaloni. No, non è vero, sarebbe troppo facile. Per perdonare, per essere davvero liberi, bisogna ricordare, giorno per giorno.”
Milena Michiko Flasar
photographer: Andrey Rublevik